venerdì 27 dicembre 2013

Il silenzio e i libri




                                                                                                         Immagine dal web


Sola, nel buio, fumavo l’ ultima sigaretta della giornata.

Sentivo la densità del silenzio, uno di quei silenzi che a volte fanno paura per l’ assenza di un qualunque impercettibile rumore. Ma d’ improvviso, ecco…una specie di brusio…Un vociare bisbigliante, poi parole sempre più nitide, meno sovrapposte, decise. Sorrisi. Tesi l’ orecchio. Erano loro, il libri. Non c’è mai silenzio in una stanza piena di libri.

Ognuno di loro parla, con il suo linguaggio, con le sue evocazioni. C’è quello che mormora, un altro che urla, c’è quello che ride, il libro che canta, quello che emette quasi un vagito. C’è quello dalla voce grave, quello dal tono più acuto, quello che suona, quello che stona. Il libro che interroga, quello che risponde, quello che chiama, quello che stordisce. Pagine e pagine di polvere e voci indefinite , infinite, di cui riconosci ogni piccola inflessione. Spezzoni ,  sensazioni, occhi, volti, luoghi, poesia, alito della vita
.
Nel buio, spensi la sigaretta. Consapevole di non essere sola. Non si è mai soli in una stanza dove con te, vivono i tuoi libri. Li conosci uno per uno. Conosci persino il loro odore.



Mi avvicinai ad uno scaffale della libreria. Dolcemente, accennai una carezza…

M.G.

lunedì 25 novembre 2013

[Frammenti][Dopo la festa ti penso] Di Graziano Banfi









Con piacere ospito nel mio blog  questo "frammento" di un amico speciale. La foto è sua ...come la scelta della "colonna sonora"...


[Frammenti] Dopo la festa ti penso


La finestra si apre su un rettangolo grigio e piovoso. Nemmeno il filtro delle tende riesce ad ammorbidire l'acciaio del cielo. 
La stanza è il caos. Mi chino a raccogliere due bottiglie, ma mi limito a spostarle da qui a lì. La festa è riuscita bene. Mi accascio sul divano, la vista da qui è ancora più deprimente. Il cielo colore della ghisa e il muro giallo e scrostato del retro di quegli uffici. Davanti travertino e stucchi, dietro beh lasciamo perdere.
Nell'angolo c'è un paio di scarpe da donna, un bigliettino sotto la sinistra. So già cosa c'è scritto: “Ho preso le sneakers di Lavinia.”
Sorrido.
La caffettiera manda il suo richiamo gorgogliante.
Mi verso una tazza di caffè, nero. Il vapore, sottile, si disperde. 
Là dove sorge il sole una macchia più chiara nel grigio uniforme lascia sperare in un miglioramento del tempo, forse.
Ti penso. 
Distante. Non so se mi pensi. Lo voglio credere.
Bevo il caffè. Guardo un tua foto. Prendo la penna per scrivere. Per scriverti. 

Il foglio bianco si riempie di ghirigori.
E allora chiudo gli occhi e metto una canzone a caso. L'elenco scorre rapido sul display, chiudo gli occhi “tap”.
“A volte il vento mi porta 
le note di un flauto o il profumo di pioggia 
e sogno di averti al mio fianco 
ma so che l'oceano mi separa da te”

Graziano Banfi

La colonna sonora sarà:
Notturno Camden Lock - Modena City Rambelrs



venerdì 22 novembre 2013

Il mondo incantato e sognante di Ida Benedetti Del Col






Il mondo incantato e sognante di Ida Benedetti Del Col

Esiste un mondo incantato dove tutto sembra sospeso e invece è in movimento perenne? Esistono i colori delicati di una dolce primavera che non sbadiscono mai? Esiste un autunno vibrante di nostalgia eppure proteso verso una stagione di sole che torna sempre? Quanto infinite sono le nuvole, le placide trasparenze di un lago, quanto raccontano le mura di case antiche rese affascinanti dal tempo, quante finestre si aprono e si chiudono  incessantemente con i loro misteri, quanti fiori emanano il loro profumo   senza sosta inebriando stanze  raccolte ed immaginate? Esiste un mondo dove tutto è pennellato con levità,  con gli occhi del cuore e le emozioni dell’ anima? Certo che esiste.  Io, questo mondo, l’ho incontrato. L’ho visto. Un mondo sempre in equlibrio tra sogno e realtà. Tra passato e presente. E’ l’universo pittorico di Ida Benedetti Del Col, nata a Sacile (un paese esso stesso magico attraversato dalle acque verdi e sinuose  del fiume Livenza…) , ora, una distinta signora  che vive a Pordenone,  di  cui non rivelo l’ età… perché Ida non ha età… come tutti gli artisti… Ida  ha lo sguardo acuto e la mente sempre  in fermento e densa di creatività, accompagnata da una sensibilità  di quelle “senza tempo”.   
Ha cominciato a guardarsi intorno e a dipingere che era giovanissima, dimostrando già dai tempi della scuola, passione e capacità. Il destino, le sue vicende di vita, l’hanno per un lungo periodo allontanata dalla sua arte prediletta. Ma mai si è discostata veramente dal mondo della pittura, coltivandola come interesse, come uno spazio tutto interiore in cui riversare la sua personalità e le sue pulsioni dell’anima.  Il suo tempo libero è stato sempre dedicato a tele e pennelli, una sorta di angolo del cuore ricco di spirito di osservazione, di forme e colori, di intenso  desiderio di esprimere la bellezza in forma semplice, suggestiva e diretta.
Il suo tratto pittorico non ha artifici formali ma non è neppure  semplicemente “fotografico”… Il suo mondo è reale , ha forti legami con la sua terra ma  è sempre accompagnato da un velo di sogno, di sottile malinconia, di  piccola poesia del quotidiano. Nelle sue opere, che siano grandi tele a olio o piccole tempere, la vita emerge con prepotenza, accompagnata dal velo del ricordo o rappresentata in un non tempo, simile a quello delle fiabe. Paesaggi dal gusto un po’ naif, dettagli affascinanti, come barche, animali, finestre, presenze umane,  fiori, campi gialli di colza, alberi in fiore o resi brulli dall’ autunno, edicole votive, antiche case di campagna. Tutte le stagioni attraversano i suoi quadri regalando dolci emozioni visive, spesso attraverso particolari che i nostri occhi distratti non vedono più. Notevole la produzione di vasi con splendide composizioni di fiori , contestualizzati in ambienti caldi e accoglienti e sempre con quel gusto per il particolare che fa davvero  la differenza e si discosta da certa pittura di “maniera”…Sulle sue tele, profumo di rose e  di gigli, ma anche girasoli, tulipani, orchidee e  la selvaggia bellezza di umili  fiori di campo. E poi, come esempio, una attenzione onirica al mondo letterario attraverso una bella serie di dipinti ispirati dalla vita e l’opera  della grande Virginia Woolf, che  offre spaccati di notevole gusto estetico e creativo. Come tante sono le sue nature morte, con frutti, ortaggi, fiori, bicchieri, bottiglie, caraffe, strumenti musicali, e altro ancora, disposti sempre con originalità … o , ancora, una serie di opere pittoriche dedicate alle maschere tipiche della tradizione, che ancor più svelano la sua anima sempre un po’ giocosa e “bambina”.
“Amo i colori della terra”, dice Ida Benedetti Del Col. Ed essi predominano, ora più caldi, ora più sfumati, in tutto il suo universo pittorico di fronte al quale ci si incanta, per la leggerezza con cui è rappresentato e per la profondità di valori e sentimenti che esprime. Tutto, accompagnato da quell’alone di poetica intensità che rende  magico e unico  il suo percorso artistico.
E’ una donna determinata, fiera, appassionata, sensibile e al tempo stesso, schiva, la Benedetti del Col. Che lascia il segno non solo attraverso la sua pittura. Ha grande fantasia e ironia, le sue opere sanno donare quel senso di  infinito e di serenità ormai scomparso dal mondo  e dal modo frenetico del nostro tempo che spesso ci fa dimenticare la grandezza e la mutevolezza  della natura e la sua capacità di parlare al nostro cuore… di evocare umanità, splendore,  ricordi, meraviglia…
Ha partecipato a diverse mostre collettive in Veneto e Friuli e persino a La Reole, in Francia, riscuotendo successo di pubblico e critica. Compare in varie pubblicazoni sull’arte e molte sue opere fanno parte di collezioni private in Italia e all’ estero. Si occupa da anni  con convinzione  e assidua militanza di associazionismo che promuove arte e poesia… ma se un giorno avrete la fortuna di incontrarla , neppure  ve lo dirà…Con una luce  viva e brillante nello sguardo  vi mostrerà i suoi quadri… il suo angolo di mondo che da anni e per anni ha custodito nel cuore ed ha reso concreto con le sue deliziose incursioni nella sua  amata terra e attraverso il suo ricco e sfaccettato immaginario… con   pennellate  agili e leggere…


Mariapia Giulivo



giovedì 17 ottobre 2013

Incontriamoci ai confini ...




photo mapi giulivo
Incontriamoci ai confini
della macchia, là dove
le case diradano e la città
sfuma i suoi veleni...

Questi anni così incerti
e senza storia, così confusi,
senza memoria. Questi anni
che si accendono con un clic
e noi noi siamo già out, fuori
dal gioco, e i nostri canti
contano poco. Non avere
nessuna opinione, tanto
ci pensa la televisione. E c’è
chi è già morto, chi ha perso
l’occasione,  chi si crede
immortale, chi non fa
più l’amore, chi va a letto
solo con la depressione. 
Chi aspetta qualcuno
che gli indichi una meta
e chi dice che il mondo
può cambiarlo solo un poeta...

Ecco, ora, spieghiamo le ali,
innalziamoci in cielo
e dall’alto colpiamo la terra.
Ma con strali di carta
non vinceremo la guerra.

Da " Dissolvenze", Schena Editore, 2002

lunedì 9 settembre 2013

Annotazioni sulla poesia


                                                                                                          ph. mapi giulivo

Annotazioni sulla poesia

Molti, appena leggono una poesia, subito si chiedono: che significa? Che vuol dire?
Ma è una domanda sbagliata. Una poesia, infatti, non è mai solo quello “che vuol dire”. Perciò capirla con la testa, cioè solo sulla scala dei significati, è poco importante. E’ importante “capirla” anche sull’ altra scala, dove non c’è un significato che possa essere spiegato. In questo consiste la sua ricchezza e la sua bellezza.

Usando la scala della “fisicità delle parole”, la poesia ci mostra che ciascuno di noi è diverso. Ma essa ci dice qualcosa di più: ciascuno è diverso perfino in ciò che sembra uguale per tutti, il linguaggio. Perché esso è profondamente influenzato dal corpo, anzi è inventato anche dal corpo. Al punto che si potrebbe quasi dire che il corpo funziona anche come una mente e viceversa. Mente e corpo appaiono inseparabilmente collegati, proprio come una parola ha un aspetto “oggetto” ed uno “significato”, ma è sempre una stessa unica parola. Un “io” diviso fra corpo e mente è infelice e cerca di fuggire se stesso. Non sopporta la solitudine e il silenzio perché può udire allora i lamenti, le recriminazioni, i litigi delle due parti che lo compongono senza riuscire a formare un ‘ unità. Il nostro “io”, invece. non dovrebbe essere il nostro migliore amico? La sua felicità è infatti anche la nostra. E la poesia non  può forse darcela, questa felicità? In una società in cui si tiene conto dell’ utile, l’ inutilità della poesia appare sempre più indispensabile…

Ma non è solo la realtà a cambiare aspetto. Anche il linguaggio non ci appare più solo come un insieme di parole che servono a indicare cose o a esprimere idee, ma qualcosa che se ne va per conto suo, camminando su e giù per i fogli come un millepiedi pazzo fatto di segni neri, infinite zampe ciascuna in grado di muoversi da sé.

I giochi di parole non sono un passatempo divertente. Servono a farci sperimentare che le parole vanno al di là della logica e magari, della grammatica. Che il linguaggio è come una pianta viva che di continuo germoglia. Senza fine…Ha una energia tremenda, che ci sfugge. Questo “gioco”, come tutti i VERI giochi, è qualcosa di molto SERIO. Il linguaggio ci manda segnali magici e intermittenti e potrebbe svelarci quello che vediamo nel buio e non sapremmo dire: eternità.

C’è una specie di corto circuito tra immaginazione e desiderio: uno suscita l’ altra e viceversa. E questo spesso ci caccia in un sacco di guai , se le fantasie e i desideri non riusciamo a soddisfarli. Cosa fare allora? Arrabbiarci? Rassegnarci? Intanto, in attesa che il desiderio si realizzi, possiamo provare ad esprimerlo in una poesia. Il desiderio è già quasi poesia.

Una poesia non è solo una fila di parole da ricordare. E’ soprattutto una serie di immagini, sensazioni ed emozioni da immagazzinare nella memoria profonda.
Una poesia, a differenza di una mela, quando è stata mangiata, è sempre di nuovo pronta da addentare: mangiare all’ infinito la nostra mela/ poesia….

La poesia è un microscopio. Guarda il piccolissimo e lo ingrandisce. Un filo d’erba diventa più importante  di un ‘ intera foresta. E’ un telescopio che rende vicinissimo anche ciò che è lontano e ignoto. Essa annulla l’ immensa vertigine dello spazio.

Ma sia pure per il breve attimo di una metafora, di una favilla che sale nell’ aria qui sulla terra può essere una stella. Daremo forse il nome di “eternità” alla parola non detta che lega per quell’ attimo la favilla alla stella, la terra al cielo, la nostra mente ad un'altra mente nell’ immensità del cosmo?
Quella parola che il linguaggio, nei suoi giochi senza fine, continua da sempre testardamente, inutilmente a cercare di “significare”? Unire il corpo alla mente, l’ intero fluire della nostra vita psichica alla realtà.
Eternità è un cammino da compiere verso la profondità di noi stessi. Che passa anche attraverso un accorciarsi del nostro respiro.
Il mistero è in ogni cosa. Anche in una biglia polverosa finita nel fango. La poesia non ci può dare una vera risposta. Può solo continuare a suggerire: provate a guardare una favilla come fosse una stella. E se noi risponderemo: non sono uguali- essa replicherà: ma non ho detto che sono uguali! Essa , la poesia, non ci può dire che cosa esattamente dovremmo credere, ma ci lascia LIBERI di credere…

Alcuni dicono che
quando è detta,
la parola muore.
Io dico invece che
proprio quel giorno
comincia a vivere.

Emily Dickinson

M. G. 


venerdì 30 agosto 2013

Seduzione di un ' isola

                        

                                                                                                         Ph. Mapi Giulivo


Seduzione di un ‘isola


                                                                  Occorre pensare con tutto il corpo
                                                                                                                                                                                                       (Elio Vittorini)


Ogni uomo è un’isola. Dove l’ho letto? Chi l’ha scritto? L’ho pensato io?
L’isola…il senso del limitato e dell’infinito. Territorio spesso inospitale e selvaggio oppure dolce e ridente, roccioso e lussureggiante . Territorio assoluto di seduzione…Disabitato o pullulante di vita. Racchiuso entro confini angusti. Terra circoscritta, ristretta, galleggiante nel mare.
L’isola è desiderio di spazio. Cosa c’è di più seducente dello spazio? E’ idea di infinito. Il viaggio nell’isola si snoda tra coste e promontori, è viaggio nella separatezza e nella solitudine ma è anche ansia di movimento nella illimitatezza delle acque, dei cieli, dell’aria.
E’ respiro inebriato nella profondità dell’attimo, nella coscienza di una territorialità che è anche irrazionale ricerca di spazi di assoluto.
Ogni uomo è un’isola. Corpo  seducente fluttuante nell’universo di un mare immaginato, terra sempre vergine da esplorare palmo a palmo per smarrirsi, senza mete prestabilite.
E’ l’isola che ti schiaccia, ti avvince alla terra, ma che ti dà il senso più puro della libertà. Ogni uomo è un isola…

L’approdo è dolce. Lasciarsi sedurre dal vento, dai profumi , dall’ ebrezza di un orizzonte ampio e disteso…Partire da un punto mille volte sognato per rifare un corpo girandogli intorno. Chiudere palpebre con gesto lieve. Accarezzare.
Scendere, soffiare. Esplorare cavità. Toccare erbe selvatiche. Sentire l’accenno di un sospiro. Terra aspra e madida di promesse. Colline, anfratti. Rocce. Piccole alture. Grotte.
Gesti impazienti .Il suono di frasi che sgorgano da sorgenti invisibili, come acqua densa di alghe e di detriti. Sentire la tensione, la vibrazione. Scendere. Fermarsi.
Il mistero degli angoli... Sentire il fremito dell’ acqua. Possedere un sasso. Ripartire.
Inebriarsi tra lingue e linguaggi sconosciuti. Condurre il viaggio. Abbattere i confini.
Affogare nel mare di infinito tanto atteso, voluto, cercato. Poi, lo sguardo che seduce e si lascia sedurre.  Terre che si fondono e si sovrappongono sprofondano nell’abisso. Si avvolgono nei fondali azzurri e riemergono. Non più due isole. Un'unica terra in attesa di un altro infinito. Rinata tra estasi e delirio, tra brezze e frenesie di onde in un eterno attimo di  assoluto.






                                              

domenica 11 agosto 2013

tra le braccia...




photo Mapi Giulivo

tra le braccia ti stringe cristallino
il pianto che ti dono

specchiati in me
e leggimi l’eterno

stiamo stretti   qui 
confusi con gli sterpi

guidami ai campi azzurri

tra il  profumo dei  gigli


(inedita in volume)

venerdì 19 luglio 2013

TENERO FLAGELLO - Raccolta di poesie di Pino Sposato- Bakos Editore 2005



Photo  Mapi Giulivo


Il mio approccio con la raccolta di poesie “Tenero flagello”, Bakos Editore, 2005,  di Pino Sposato è assai particolare. Il volumetto mi è stato donato da Mario, fratello di Pino, artista anche lui…. con estrema discrezione, con commozione  ed affettuosa partecipazione. Un dono emotivamente assai prezioso, perché Pino non c’è più. Ha raggiunto il suo oltre…ed è rimasto saldamente ancorato ai cuori  di tutti quelli che lo hanno amato. Ero sullo Jonio , a Crotone, in quella parte di Calabria tanto evocativa di antichi splendori, un tempo gioiello della Magna Grecia…quel mare mormorante ha fatto da sottofondo alla lettura delle prime poesie contenute nel libro. Poi ho continuato a casa…ma ogni volta che l’ ho preso tra le mani…mi ha riportata a quell’ azzurro tanto carico di suggestioni…

Pino Sposato era nativo di Acri , in provincia di Cosenza, ma crotonese ormai di adozione da molti anni. Impegnato nel campo dell’ associazionismo culturale e sociale , ha sempre coltivato il suo spazio “eletto” , quello della scrittura in prosa ed in versi. Ricordato con stima da tutti, era una figura carismatica e di grande umanità, lavoratore instancabile, guida per la sua intera famiglia.

Sulla copertina, l’ immagine di Apollo Pitio , opera di Pietro Benvenuti , da una collezione privata, il dio  della musica, della luce e della profezia…tanto abile nello scagliare frecce a distanza  e secondo alcune versioni, padre di Pitagora…e dunque il legame con l’ antica Kroton si fa più forte…Sono “entrata” tra le pagine in punta di piedi…consapevole, forse, di dover “recensire” le poesie di un angelo…

Le poesie seguono un percorso tra logica e ragione, tra impegno e sentimento. Sono testi “interiori” anche quando hanno impennate di denuncia sociale. La poesia di Pino Sposato è autentica, parla con voce sincera , denotando un mondo interiore ricco, sfaccettato,  che non segue metriche precise, grida e racconta , sussurra e incanta. Dal suo stesso interno.
Predominante è il tema dell’ amore, con punte affilate di sensualità e dolcezza, ma anche di amarezza e riflessione. Tra narrare spontaneo , tra crudo realismo ed espressione di sentimenti ed affetti forti, non è una “canto” che si risolve mai…trasmette intense vibrazioni interiori, tensioni , titaniche lotte dell' anima e voli verso una verità che è puramente umana, tutta giocata tra il dolore acre dell’ esistenza e gli incanti che invece sono in grado di sublimarla.

Le emozioni che percepisco sono pregne, intense, non edulcorate,  non liquide, come quelle del periodo che attraversiamo e che spesso, vive solo di vanità. La personalità che emerge è quella di un uomo saldo ma anche sognante, che nella sua vita ha amato, si è illuso,ha pianto,  ha sorriso, ha attraversato il dolore, restando fermo su valori  imprescindibili…quelli degli affetti, del trasporto verso la donna e della partecipazione  attiva anche al  “sociale” . Emblematico , in questo senso, è un testo dedicato a Giovanni Falcone ( bellissimi i versi “ Al pianto degli onesti hai lasciato/ il volto gaio, dal tenue sorriso”)  o la  sua certezza che questo mondo si appoggia spesso a mere illusioni di cambiamento( “Cade nel baratro d’un mondo/ stolto, illusorio, senza certezza di futuro/né fantasia o storia”. )
Traspare dai versi una attenzione alla figura femminile, vista come dolcezza ma anche fonte di sofferenze d’ amore.  Angelo e grazia ,  a cui Pino dice ,  nella poesia”Donna”con dei versi che lasciano senza parole “ Dimentica per un giorno di essere Madonna/ e sentiti signora e solo donna”.  Dissacrando l’ immagine che la donna spesso è costretta ad assumere nel sud…quindi una incitazione quasi  velatamente “femminista”. Emergono figure care, come quelle dei fratelli per cui è stato “padre”. Si racconta la civiltà tenuta dietro le sbarre che limitano la libertà individuale e che dovrebbe ribellarsi.  C’è il tema della guerra, della pace. Le figure genitoriali . L’ ansia del vivere protesa verso la fede in Dio. Il senso perenne dell’ attesa dell’ amore che plachi e porti gioia al cuore spesso in tormento.

Tra tremori ed ansia,  tra ricordi e fantasie, Pino Sposato non indulge mai a leziose metafore, il suo verso è diretto, spesso lapidario. I suoi sentimenti sono  concreti e passionali, anche quando si colorano di malinconia e disincanto. Tutta la raccolta ha profumo di volontà di rinascita, di sincera  ribellione verso un mondo che avrebbe bisogno di più amore e  di presa di coscienza dell’ umana condizione. Tra espressioni che colpiscono come pietre e discese meravigliosamente oniriche, tra il suo credere nell’ amore come fonte fresca  e pura di rinascita e la consapevolezza di una realtà che spesso invece  lo  emargina, tra sguardi desolati e squarci di luce accecante, questa raccolta di poesia avvince come fosse un racconto autobiografico ma tutto proteso all’ “altro” come interlocutore ora privilegiato, ora passivo, di cui Pino vuole scuotere il torpore della coscienza.

…Ebbe un sorriso di gioia/ emise un gemito, si denudò d’ogni pudica veste/ e mi amò con tenero flagello”. Pochi versi dalla lirica che dà il titolo alla raccolta (che in esergo porta una  bellissima dedica al padre),  che sono una sintesi del suo modo di guardare al mondo, alla condizione umana in generale e   all’ universo femminile. Spogliarsi da finte e posticce scorie di pregiudizio. Essere se stessi, nel bene e nel male. Sorridere di gioia, perseguendo il valore alto della libertà.


Mariapia Giulivo


io scrivo frange...






io scrivo frange
non tesso mai lenzuola

il mio letto
è un cespuglio di more

vieni che ti bacio
con labbra viola e zuccherine

vieni che ti stringo

tra le mie spine

mercoledì 10 luglio 2013

Una storia vera. Scritta nel 2003 per Annalisa, mia insostituibile amica...








Foto dal web


Così si forma un cerchio
    dove l’ inseguito insegue
il suo inseguitore.
 ( Giorgio Caproni)

Capita, a volte. C’è un mistero nelle cose, nelle trame, nei disegni oscuri alla nostra
mente e nelle pulsioni più pure del nostro cuore. Capita di voler bene ad una persona di cui non conosci le fattezze, il volto, il colore dei capelli. Capita di scrivere una poesia ,di dedicarla ad un ‘ amica sconosciuta che senti già parte della tua vita… Meravigliosamente, a me è accaduto. Non conosco Annalisa, è lontana quasi mille chilometri da me. Ma le distanze si annullano, le assenze si fanno vive presenze, quando c’è il desiderio di comunicare per davvero, di aprire la porta segreta dell‘ anima all’ emozione, di respirare insieme, anche se a distanza, il profumo dei fiori, l’ odore degli alberi al tramonto, l’ aria fresca della sera, il vento che solletica gli occhi. Racchiuse in metaforiche parentesi di luna, camminiamo su strade diverse come due rette parallele che all’improvviso, curvate dal caso o dal destino o da una precisa volontà,  si sono intersecate per percorrere insieme una via luminosa e  nuova, fatta di scoperte e di parole , di sensazioni e malinconie, di assonanze e improvvise, bellissime comunanze. Di ricchezza e autentico coinvolgimento. L’ altro ci è sempre vicino, se abbiamo cuore e occhi per vederlo, immaginarlo, farci dono e farci scrigno prezioso che accoglie.
Io l’ ho inseguita, Annalisa. Per essere a mia volta inseguita, forse. I tre versi di Caproni, che ho usato come esergo, li dedico a lei, creatura di petali azzurri, e a tutti quelli che si cercano senza saperlo. Nel cerchio avvolgente che ruota all’infinito, nella magica poesia della vita.



Tu mi hai aperto con la tua fiducia.
                             Paul Eluard

per Annalisa

Il sole buca le persiane chiuse
racconta l’ aria tra i capelli
la terra di un giardino tra le mani.

Non so quale colore
hanno gli occhi e le stanze consuete
linee e contorni
d’ un ignoto silenzio d ‘ armonia.

Vengo leggera e busso
all’ anima bambina che si schiude
ai fiordalisi azzurri
di questa capricciosa primavera.

7 maggio 2003




lunedì 1 luglio 2013

Partire è un po' sognare...



                                                         Ph. Mapi Giulivo

Partire è un po’ sognare
se viaggio sillabando
su un passaggio lunare...
E se attraverso territori di sole
con bagagli di parole.

Ma fra il dire e il viaggiare
c’è di mezzo il mare.
Così affido alle onde
messaggi cifrati
su zattere vagabonde.

E riparto dal foglio,
approdo ad uno scoglio,
sguardo rosso di sera,
argento prezioso
di una stella straniera.

Ma poi ritorno sempre
ai luoghi miei del cuore
sono terre lontane,
isole di parole.


Da DISSOLVENZE, Schena Editore 2002


lunedì 17 giugno 2013

e il giorno rotola sempre strano...


ph. mapi giulivo



e  il  giorno  rotola sempre  strano
incerto precede  lo stanco  passo
su  un tappeto di  vecchie  finzioni

l’ erba  verde inchiostro canta terra
sperpera  parole e ironie
nel   gioco che  non rincorre l’ aria

non ho più fiato per  le tue  farfalle
io fumo troppo    e  tu mi hai tolto il tempo

 mi hai cancellato lune e dolci incanti
e quel sogno che sapeva di miele
e l’ emozione di respirare il mare
quel mio credere  libero e leggero
a un ‘ altra vita     fatta di te
dell’ emozione di  entrare nel tuo cuore

la porta è sempre chiusa e la finestra
è quella di una casa sconosciuta

io busso invano e inutilmente
aspetto e perdo tempo sulla soglia…..

inedita- giugno 2013






martedì 4 giugno 2013

Dall' alba alla notte...






                                                    ALBA


Vedo ormai tutte le aurore. Silenzio. Percepisco il mondo attraverso una spessa cortina di silenzio. Il cielo sfuma nel rosa, tra poco sarà azzurro come porcellana.
Le strade si risvegliano quasi  da un intontito torpore, si animano, prendono il colore della vita. Piccole e fragili storie quotidiane si ripetono, finestre che si schiudono.
Sento nell’aria un leggero aroma di caffè che si insinua nell’aria frizzante del mattino. Io me ne concedo solo uno. La mia tazza è già vuota.


                                               SOGNO


Stanotte ho fatto un sogno. Null’altro che un sogno, una storia improbabile, forse, una costruzione intellettuale, un’astrazione fantastica…o un bisogno del cuore…Il sogno è territorio di miti, di fiabe ,di simboli ,allegorie…di segni del destino.
Nella realtà le trasformazioni sono lente , a volte inesistenti, nel sogno avvengono istantaneamente -o sono già avvenute- nel presente senza tempo che è il suo tempo, un tempo magicamente presente.
Il sogno si esaurisce in sé stesso, non ha prosecuzione, è una storia autonoma.
Ha la sua tensione, il suo stile, una sua drammatica fatalità .Ha una forza logica in un discorso follemente irrazionale. Ha quasi il ritmo del poeta ,libertà ma anche assolutezza e rigore.
Ai sogni è facile dare dei cliché: fuga nell’irreale, nel patologico, stranezza, inconsistenza.
Ma chi vive i sogni come una carica di realtà segue la traccia di un’emozione talvolta violenta e il delicato ingranaggio di una storia (improbabile?) con passo fermo e leggero poiché la materia è labile. Il sogno è di chi lo ricorda.
Stanotte ho sognato. Ricordo tutto, in ogni dettaglio. Ho sognato. Questa veglia non mi appartiene. Ho fermato il tempo.



                                 CREPUSCOLO



L’ultimo bagliore del giorno accarezza le margherite. Ne ho un bel bouquet nel vaso verde di cristallo. I colori delle tonde e gonfie corolle, dal giallo più pallido a quello più intenso, si caricano, sotto questa luce quasi crepuscolare di nuove e infinite sfumature.
Dovrei accendere il lume, e non mi va. Mi piace quest’ora così particolare.
Non è più giorno. Tutto si fa discreto e suggestivo. La notte è vicina.
Comincio a sentirla nell’aria, nei profumi, nel mio respiro, nel sangue.
Tra poco non ci saranno più ombre e tornerà quel silenzio. E nello spazio magico in cui le ore scorrono più dolcemente ,sentirò ancora più forte quel silenzio.
Si farà presenza viva e palpitante.
Il cuore accelererà i battiti.
Stringerò a me il silenzio fino a farmi male.



                                 NOTTE



                                               “La notte, l’essenza della notte, non ci lascia dormire”
                                                                        (Maurice  Blanchot)


C’è qualcosa di imprendibile, di indefinibile nella notte che spesso ci toglie il sonno. Ed è sempre la notte degli insonni, innamorati di questo spazio così ricco e immateriale, ad essere lucida ,creativa, piena di scoperte e di poesia.
La notte allontana le ombre, spiazza i chiaroscuri. La notte è la certezza del nero.
La notte è contraddittoria, lacerante.
C’è una notte della ragione, fatta di spazi freddi e di una lucidità spinta ai suoi limiti più estremi. C’è la notte del senso, quella dei chiari di luna ,delle vibrazioni e dei palpiti.
Freddo e caldo, austerità classica e romanticismo liberatorio.
La notte risveglia le forze che il giorno censura.
La notte è cercare a tastoni ,immaginare ,attendere .La notte è il presentimento del giorno. La notte stimola l’invenzione, l’inizio di un discorso. Fatto di tracce, di frammenti e non di percorsi già definiti.
L’occhio deve scoprire ,frugare, diventare indiscreto e avido .La notte è un segreto da penetrare con   sguardo e pensiero aguzzo.
E’ parola silenziosa, non formulata .La notte forma lo sguardo. Lo mette alla prova.
Devi spiare se vuoi afferrare ciò che ancora si muove, vibra, parla, a dispetto dell’oscurità .La notte è sogno e fascino. La notte è anche paura ,connivenza con la morte. E’ dettaglio, verifica.
La notte spesso separa ,è un’esperienza individuale, poco collettiva.
E’ territorio di solitudine ,è come esercitarsi a guardare e pensare da soli.
Ma questa notte non sono sola. Complice è la luna. Mi guarda dal cielo scuro.
Riconosco quegli occhi.

Mariapia Giulivo- Edita su rivista e revisionata oggi. 




                   


domenica 26 maggio 2013

Madidi d' ombre....





Madidi d’ombre
i tramonti a segnare rinvii
di ore accigliate,
dettare contrasti
tra spire e frammenti,
inganni e lamenti.
Insidie di rovi 
rallentano passi
e bocciano ironie
su lussurie di more.
Trappole e rovi
tra piedi e rughe
bloccano le fughe.

Indugio sospesa
tra sciocche chimere
sorseggio tramonti
nel fondo bicchiere.

da " Dissolvenze" - Schena Editore 2002

martedì 7 maggio 2013

corolla ferita alla radice...





corolla ferita alla radice
pelle graffiata    anima rubata

ma il giorno non strappa
le pagine che scrivo nel tuo nome

srotola enigmi il vento tra gli steli
di fiori sbocciati oltre il silenzio

inedita in volume

domenica 28 aprile 2013

Sergio Cammariere al Sistina: il fascino discreto di un artista senza tempo


Sergio Cammariere al Sistina: il fascino discreto di un artista senza tempo





E’ stato un incedere vivo di emozioni , il concerto di Sergio Cammariere al Sistina di Roma, ieri sera. Un tempo ancora incerto di questa tarda primavera ,  con la luna alta tra le case , si è improvvisamente “ riscaldato” con le  vibrazioni della sua grande musica…
Davanti al Teatro, gente in attesa, tra cui gruppi di fans arrivati da ogni parte d’Italia. Ci si saluta, si scattano foto sotto il suo manifesto…l’ atmosfera è confidenziale, amichevole….si aspetta quasi un vecchio amico che torna…

E a sipario aperto, eccolo che ritorna davvero, lui, Sergio…con il suo fascino discreto di un  artista senza tempo, con quella dolce timidezza che gli si legge in viso…Sul pianoforte, ad attenderlo, un bouquet di rose blu, omaggio di  un gruppo di persone che lo seguono affettuosamente da anni nei concerti live. Una suggestione in più, che dipinge idealmente con il colore dell’anima il suo mondo quasi incantato.

“Torno al Sistina dopo dieci anni”, racconta. E in poche parole sintetizza il salto, l’ascesa del suo nome e della sua musica verso la vetta del successo, dopo aver regalato una intro di piano solo che accarezza l’udito ed il cuore. E attraverso quei tocchi incisivi lui ed il suo pianoforte  hanno  già narrato altro…e cioè che alla vetta non si arriva mai, che ci sono sempre nuove strade da percorrere e voli da sperimentare.

Quando ricorda Pietro Garinei, che è stato importante direttore del Sistina per anni, prima con Giovannini, poi da solo…la voce di Cammariere è rotta da una intensa commozione, fortemente percepibile nelle sue parole.

Poi...la musica…Il concerto si snoda fluido attraverso la bellezza delle sue canzoni, le più note e indimenticabili, riarrangiate in chiave nuova, con un occhio particolare al jazz e ad una orchestrazione più corale e ariosa che esalta ancora di più la magia del suo pianoforte.
Sul palco, accanto alla sua “famiglia musicale”, Luca Bulgarelli al contrabasso,  Amedeo Ariano alla batteria e Bruno Marcozzi alle percussioni, una nuova sezione di fiati con Aldo Bassi alla tromba e Gianni Savelli al sax tenore. E poi, l’amico di sempre, oggi stella indiscussa del jazz italiano ed internazionale, per l’ occasione “ospite speciale”, Fabrizio Bosso , con la sua tromba autorevole, capace di spaccare l’aria con il  suono .
Un ‘ altro amico di sempre, Roberto Kunstler , arriva a sorpresa  on stage con passo incerto, non è abituato, forse, alle grandi platee…una  sua canzone alla maniera di Bob Dylan, armonica e chitarra,  poche parole( lui che per Sergio ne ha scritte tante…),accompagnato dalla band… ed è un altro momento di emozione, in cui è palpabile il forte senso che Sergio Cammariere  dà all’ amicizia come valore profondo.
E poi “omaggi” musicali in cui si svelano ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno le doti di grande interprete di Sergio…Califano  e Jannacci ricordati senza enfasi, con misura ma con straordinaria espressività, attraverso due loro belle canzoni…

Incantato , quasi sospeso e  sognante,  l’ attimo in cui tutto il pubblico canta con lui  l’ ultima strofa del brano che lo ha portato al successo ed all’attenzione della critica e del grande pubblico, “Tutto quello che un uomo”. Ho cantato anch’io, sentendomi parte di un universo di amore e poesia, di un momento irripetibile di sensibile emotività…
E ancora “giochi di suono” tra lui e Bosso, assoli straordinari… Sergio lascia molto spazio ai suoi musicisti… e  sempre, in primo piano, superlativo,  come in un  vecchio film in bianco e nero pennellato  sempre di sogno e di inediti colori, il suo pianoforte, sempre più ardito e parlante…un  film che racconta una  lunga storia di immenso e quasi “mistico” amore per la musica. L’artista non solo ha cantato, non solo ha suonato con la magia di sempre, guizzando note fantasiose e con il talento che gli è proprio…ha anche, con sguardo  sempre attento e vigile, “ diretto” il concerto.  Che si è  concluso con un bellissimo riarrangiamento ed interpretazione strumentale di “Mercy, mercy, mercy”, del grandissimo Joe Zawinul …e che in italiano significa “bene”, benevolenza,  ma soprattutto “grazia”…quello stato in cui ci si eleva anche attraverso l’ arte in un momento sublime che avvicina quasi al divino…e questo, Sergio Cammariere non solo lo sa ma lo trasmette in ogni esibizione dal vivo…

Due bis, tra cui l’intensa e quanto mai attuale “Vita d’ artista”, poiché davvero, nel periodo di grande confusione di valori che stiamo attraversando, gli artisti sono i primi ad essere “tenuti in disparte”…e infine,  visibile stanchezza sul volto di Sergio, ma  anche una brillante luce negli occhi…e ancora l’ energia vitale per ricevere centinaia di persone nel suo camerino…


Un vero artista è così, non si risparmia. Gli dobbiamo un grazie per essere quello che è…lui, Sergio Cammariere, uguale a nessun’ altro.

Mariapia Giulivo