Annotazioni sulla poesia
Molti, appena leggono una poesia, subito si chiedono: che
significa? Che vuol dire?
Ma è una domanda sbagliata. Una poesia, infatti, non è mai
solo quello “che vuol dire”. Perciò capirla con la testa, cioè solo sulla scala
dei significati, è poco importante. E’ importante “capirla” anche sull’ altra
scala, dove non c’è un significato che possa essere spiegato. In questo
consiste la sua ricchezza e la sua bellezza.
Usando la scala della “fisicità
delle parole”, la poesia ci mostra che ciascuno di noi è diverso. Ma essa ci
dice qualcosa di più: ciascuno è diverso perfino in ciò che sembra uguale per
tutti, il linguaggio. Perché esso è profondamente influenzato dal corpo, anzi è
inventato anche dal corpo. Al punto che si potrebbe quasi dire che il corpo
funziona anche come una mente e viceversa. Mente e corpo appaiono
inseparabilmente collegati, proprio come una parola ha un aspetto “oggetto” ed
uno “significato”, ma è sempre una stessa unica parola. Un “io” diviso fra
corpo e mente è infelice e cerca di fuggire se stesso. Non sopporta la
solitudine e il silenzio perché può udire allora i lamenti, le recriminazioni,
i litigi delle due parti che lo compongono senza riuscire a formare un ‘ unità.
Il nostro “io”, invece. non dovrebbe essere il nostro migliore amico? La sua
felicità è infatti anche la nostra. E la poesia non può forse darcela, questa felicità? In una
società in cui si tiene conto dell’ utile, l’ inutilità della poesia appare
sempre più indispensabile…
Ma non è solo la realtà a
cambiare aspetto. Anche il linguaggio non ci appare più solo come un insieme di
parole che servono a indicare cose o a esprimere idee, ma qualcosa che se ne va
per conto suo, camminando su e giù per i fogli come un millepiedi pazzo fatto
di segni neri, infinite zampe ciascuna in grado di muoversi da sé.
I giochi di parole non sono un
passatempo divertente. Servono a farci sperimentare che le parole vanno al di
là della logica e magari, della grammatica. Che il linguaggio è come una pianta
viva che di continuo germoglia. Senza fine…Ha una energia tremenda, che ci
sfugge. Questo “gioco”, come tutti i VERI giochi, è qualcosa di molto SERIO. Il
linguaggio ci manda segnali magici e intermittenti e potrebbe svelarci quello
che vediamo nel buio e non sapremmo dire: eternità.
C’è una specie di corto circuito
tra immaginazione e desiderio: uno suscita l’ altra e viceversa. E questo
spesso ci caccia in un sacco di guai , se le fantasie e i desideri non
riusciamo a soddisfarli. Cosa fare allora? Arrabbiarci? Rassegnarci? Intanto,
in attesa che il desiderio si realizzi, possiamo provare ad esprimerlo in una
poesia. Il desiderio è già quasi poesia.
Una poesia non è solo una fila di
parole da ricordare. E’ soprattutto una serie di immagini, sensazioni ed
emozioni da immagazzinare nella memoria profonda.
Una poesia, a differenza di una
mela, quando è stata mangiata, è sempre di nuovo pronta da addentare: mangiare
all’ infinito la nostra mela/ poesia….
La poesia è un microscopio.
Guarda il piccolissimo e lo ingrandisce. Un filo d’erba diventa più
importante di un ‘ intera foresta. E’ un
telescopio che rende vicinissimo anche ciò che è lontano e ignoto. Essa annulla
l’ immensa vertigine dello spazio.
Ma sia pure per il breve attimo
di una metafora, di una favilla che sale nell’ aria qui sulla terra può essere
una stella. Daremo forse il nome di “eternità” alla parola non detta che lega
per quell’ attimo la favilla alla stella, la terra al cielo, la nostra mente ad
un'altra mente nell’ immensità del cosmo?
Quella parola che il linguaggio,
nei suoi giochi senza fine, continua da sempre testardamente, inutilmente a
cercare di “significare”? Unire il corpo alla mente, l’ intero fluire della
nostra vita psichica alla realtà.
Eternità è un cammino da compiere
verso la profondità di noi stessi. Che passa anche attraverso un accorciarsi
del nostro respiro.
Il mistero è in ogni cosa. Anche
in una biglia polverosa finita nel fango. La poesia non ci può dare una vera
risposta. Può solo continuare a suggerire: provate a guardare una favilla come
fosse una stella. E se noi risponderemo: non sono uguali- essa replicherà: ma
non ho detto che sono uguali! Essa , la poesia, non ci può dire che cosa
esattamente dovremmo credere, ma ci lascia LIBERI di credere…
Alcuni dicono che
quando è detta,
la parola muore.
Io dico invece che
proprio quel giorno
comincia a vivere.
Emily Dickinson
M. G.