GRAZIE A SERGIO
CAMMARIERE HO SCOPERTO QUESTA TERRA
Ecco che all’improvviso, nell’ultimo giorno della mia
vacanza settembrina a Capo Colonna, è arrivato l’autunno … il cielo non ha più
note azzurre, è bianco e denso di nuvole, gonfio di pioggia rappresa. Le foglie
cadono dagli alberi con tonfi danzanti e leggeri, il vento è fresco, sembra un
maestrale che scuote le cime e le fa vibrare. Da dove sono non vedo il mare ma
ne immagino il grigio, lo sento spumare da lontano contro gli scogli friabili
di questa terra di antichi e importanti splendori, di cui, forse, non è neppure
consapevole.
Immagino la Colonna greca, lassù, solitaria sentinella
sull’acqua sferzata dalla salsedine e la piccola Chiesa con quella Madonnina
nera dallo sguardo mesto, silenzioso, caritatevole, la Madonna dei diversi, mi sono detta mentre la guardavo … penso a
quel promontorio, alla sua suggestione, dove antico e presente si fondono senza
continuità, dove la doppia sacralità -
quella pagana e quella cristiana – si mescolano in un unico sguardo sul mare, vigile, sognante e
protettivo.
Lassù, il ritmo del tempo non ha scansioni, è rarefatto come
in una fiaba raccontata sottovoce, l’istante si dilata e assume la vastità
dell’azzurro. Confusa nel vento che agita rami e pensieri, sento arrivare nella
mia mente una musica dalla dolcezza incantata, composta da un grande figlio di
questa terra, che, come un navigante senza rotta, un giorno se ne andò
portandola nel cuore. Le mie parole a
confronto di quelle note sono povere e inadeguate. Nessuno come Sergio
Cammariere è riuscito a condensare la vastità, la bellezza, la malinconia, la
nostalgia per quello che resta di Capo Colonna, per quello che non c’è più,
spazzato via non dalla furia del mare ma dall’incuria degli uomini.
Il suo brano dedicato a Capo Colonna, è quasi una nenia
penetrante e sincera, un atto di amore e devozione verso un luogo di cui
tracciare la vera storia è difficile ma che alimenta inquietudini e pacatezza allo stesso tempo, senso
dell’infinito e altera poesia scritta su ogni pietra e leggibile solo da chi ha
dentro una infinita sensibilità. Quella musica del cantautore piccolino,non è solo un omaggio a Capo Colonna, è il
racconto attraverso l’inseguirsi delle note, del suo mistero. È grazie a lui
che ho scoperto questo luogo, che sono venuta a percorrerne le tracce, son
figlia di un’altra terra, del sud della Murgia pugliese, fatta di pietre,
ulivi, masserie, trulli e altri diversi incanti. Sergio Cammariere non ha mai
omesso, presentando quel brano durante i concerti, di parlare di Crotone e di
Capo Colonna, delle sue origini e della Calabria. Questo lo ha reso speciale ai
miei occhi perché solo chi non rinnega mai le proprie radici è portatore di
veri valori. Sergio è un artista di alto livello, raffinato, pieno di talento,
nelle mani ha il calore cangiante del suo sud, nelle sue note vibra la sua
esperienza di vita oltre che la sua indiscutibile bravura. In quelle mani agili
e virtuose sul pianoforte c’è anche questo lembo di terra, un giorno da lui abbandonato
per poter invece ritornare con ogni
nota, con ogni carezzevole inflessione della voce, con l’orgoglio di un’ appartenenza, con una latente nostalgia
impressa nel cuore per una partenza che ha sì segnato la sua vita, ma che oggi
gli permette di volare più in alto e con questo volo accarezzare sempre il suo
mare, le rocce, questo luogo di affetti spezzati e ricomposti, sublimati nella
sua straordinaria vena artistica creativa, dinamica senza più terre e confini.
Come senza confini si fa l’abbraccio dello sguardo su Capo Colonna, terra di approdi
e lontananze, di naufragi e destino,
avvolti da cielo e mare nel sogno di un’ altra umanità possibile. Grazie a
Sergio Cammariere ho scoperto tutto questo e la sua terra deve davvero essergli
grata.
Settembre 2007