lunedì 9 settembre 2013

Annotazioni sulla poesia


                                                                                                          ph. mapi giulivo

Annotazioni sulla poesia

Molti, appena leggono una poesia, subito si chiedono: che significa? Che vuol dire?
Ma è una domanda sbagliata. Una poesia, infatti, non è mai solo quello “che vuol dire”. Perciò capirla con la testa, cioè solo sulla scala dei significati, è poco importante. E’ importante “capirla” anche sull’ altra scala, dove non c’è un significato che possa essere spiegato. In questo consiste la sua ricchezza e la sua bellezza.

Usando la scala della “fisicità delle parole”, la poesia ci mostra che ciascuno di noi è diverso. Ma essa ci dice qualcosa di più: ciascuno è diverso perfino in ciò che sembra uguale per tutti, il linguaggio. Perché esso è profondamente influenzato dal corpo, anzi è inventato anche dal corpo. Al punto che si potrebbe quasi dire che il corpo funziona anche come una mente e viceversa. Mente e corpo appaiono inseparabilmente collegati, proprio come una parola ha un aspetto “oggetto” ed uno “significato”, ma è sempre una stessa unica parola. Un “io” diviso fra corpo e mente è infelice e cerca di fuggire se stesso. Non sopporta la solitudine e il silenzio perché può udire allora i lamenti, le recriminazioni, i litigi delle due parti che lo compongono senza riuscire a formare un ‘ unità. Il nostro “io”, invece. non dovrebbe essere il nostro migliore amico? La sua felicità è infatti anche la nostra. E la poesia non  può forse darcela, questa felicità? In una società in cui si tiene conto dell’ utile, l’ inutilità della poesia appare sempre più indispensabile…

Ma non è solo la realtà a cambiare aspetto. Anche il linguaggio non ci appare più solo come un insieme di parole che servono a indicare cose o a esprimere idee, ma qualcosa che se ne va per conto suo, camminando su e giù per i fogli come un millepiedi pazzo fatto di segni neri, infinite zampe ciascuna in grado di muoversi da sé.

I giochi di parole non sono un passatempo divertente. Servono a farci sperimentare che le parole vanno al di là della logica e magari, della grammatica. Che il linguaggio è come una pianta viva che di continuo germoglia. Senza fine…Ha una energia tremenda, che ci sfugge. Questo “gioco”, come tutti i VERI giochi, è qualcosa di molto SERIO. Il linguaggio ci manda segnali magici e intermittenti e potrebbe svelarci quello che vediamo nel buio e non sapremmo dire: eternità.

C’è una specie di corto circuito tra immaginazione e desiderio: uno suscita l’ altra e viceversa. E questo spesso ci caccia in un sacco di guai , se le fantasie e i desideri non riusciamo a soddisfarli. Cosa fare allora? Arrabbiarci? Rassegnarci? Intanto, in attesa che il desiderio si realizzi, possiamo provare ad esprimerlo in una poesia. Il desiderio è già quasi poesia.

Una poesia non è solo una fila di parole da ricordare. E’ soprattutto una serie di immagini, sensazioni ed emozioni da immagazzinare nella memoria profonda.
Una poesia, a differenza di una mela, quando è stata mangiata, è sempre di nuovo pronta da addentare: mangiare all’ infinito la nostra mela/ poesia….

La poesia è un microscopio. Guarda il piccolissimo e lo ingrandisce. Un filo d’erba diventa più importante  di un ‘ intera foresta. E’ un telescopio che rende vicinissimo anche ciò che è lontano e ignoto. Essa annulla l’ immensa vertigine dello spazio.

Ma sia pure per il breve attimo di una metafora, di una favilla che sale nell’ aria qui sulla terra può essere una stella. Daremo forse il nome di “eternità” alla parola non detta che lega per quell’ attimo la favilla alla stella, la terra al cielo, la nostra mente ad un'altra mente nell’ immensità del cosmo?
Quella parola che il linguaggio, nei suoi giochi senza fine, continua da sempre testardamente, inutilmente a cercare di “significare”? Unire il corpo alla mente, l’ intero fluire della nostra vita psichica alla realtà.
Eternità è un cammino da compiere verso la profondità di noi stessi. Che passa anche attraverso un accorciarsi del nostro respiro.
Il mistero è in ogni cosa. Anche in una biglia polverosa finita nel fango. La poesia non ci può dare una vera risposta. Può solo continuare a suggerire: provate a guardare una favilla come fosse una stella. E se noi risponderemo: non sono uguali- essa replicherà: ma non ho detto che sono uguali! Essa , la poesia, non ci può dire che cosa esattamente dovremmo credere, ma ci lascia LIBERI di credere…

Alcuni dicono che
quando è detta,
la parola muore.
Io dico invece che
proprio quel giorno
comincia a vivere.

Emily Dickinson

M. G.